Educazione alla legalità e capacità di diventare un punto di riferimento sull’isola: La Strada è dal 1997 capofila di “Sardegna solidale”, un’ampia coalizione di realtà formalmente costituite e gruppi di cittadinanza attiva che svolgono una serie di attività “di cui le autorità non hanno contezza”
L’Associazione La Strada di Cagliari è nata a partire da un’esperienza di volontariato partita nel 1983 nel carcere minorile di Quartacciu attraverso l’esperienza dell’obiezione di coscienza, e consolidatasi attraverso la conoscenza di altri volontari «che venivano a coadiuvare il cappellano che officiava la messa e a fare animazione domenicale». Le parole sono di Giampiero Farru, tra i fondatori dell’Associazione e oggi Presidente, intervistato online il 21 settembre.
Nel 1990 l’associazione, ormai formalmente costituita, prende in gestione la prima struttura esterna al carcere. Dal 1996 in poi, La Strada sceglie di «lavorare più fuori che dentro», con la convinzione che cercare «di ‘bucare’ il carcere dall’interno» non fosse sufficiente, ma che l’intervento più importante fosse da svolgere dentro la comunità dove maturavano marginalità e comportamenti che in ultima istanza conducevano al carcere.
Negli ultimi 15 anni, l’associazione si è focalizzata «prevalentemente sull’educazione alla legalità e all’uso sociale dei beni confiscati», entrando dunque in relazione con Libera (che ha fatto da viatico all’ingresso nella Rete dei Numeri Pari fin dalle fasi operative della campagna ‘Miseria Ladra’). Tale obiettivo è stato perseguito realizzando progettualità su diverse scale del territorio, dall’autoproduzione del Mirto e di altri prodotti agricoli, all’organizzazione dei campeggi di Libera dentro il bene confiscato in località Subiroi (nel comune di Girgei), ad attività di doposcuola, laboratoriali, e formative rivolte a ragazzi e ragazze dentro e fuori il carcere, fino a progetti di multiculturalità come ‘Trame nel Mondo’, realizzato in partnership con una associazione di migranti senegalesi attiva sul territorio.
Uno degli aspetti cruciali emersi nell’intervista, tuttavia, è stato il lavoro svolto in rete con altre realtà a partire dalla fine degli anni Novanta. Nel 1997, La Strada si è resa infatti capofila di Sardegna Solidale, una sorta di coordinamento regionale del mondo del volontariato in cui si trovano non solo associazioni formalmente costituite ma anche singoli cittadini e cittadine sensibili e attivi che attingono alle risorse dei gruppi di volontariato per svolgere «una serie di attività di cui la politica e le istituzioni non hanno nessuna contezza». A oggi, Sardegna Solidale comprende 320 organizzazioni formali, più altri gruppi informali.
La riforma del Terzo Settore è emersa come punto particolarmente critico già prima della pandemia in quanto, secondo Farru, l’iperburocratizzazione del volontariato ha di fatto tolto legittimità e potere negoziale nei confronti delle amministrazioni locali a quei piccoli gruppi dal basso che agiscono nelle aree interne sarde in relazione alla rete Sardegna Solidale. Questo ha fatto sì che le forze in campo (spesso limitate a poche unità a causa dello spopolamento, delle povertà, delle migrazioni verso le aree metropolitane e periurbane, se non verso tutt’altri territori) non abbiano le caratteristiche formali per soddisfare i requisiti e costituirsi formalmente in ODV. Tuttavia, evidenzia Farru, proprio questi gruppi che attivano un reticolo di esperienze mutualistiche e di relazioni dal basso sono quelli che realizzano quella visione della cittadinanza responsabile che sta alla base dell’iscrizione a realtà come la Rete dei Numeri Pari, ossia agire senza tuttavia accettare passivamente di diventare «barellieri della strada, ambulanze sociali», ma anzi imponendo alle istituzioni il principio della politica come corresponsabilità.