Una realtà che nasce come supporto educativo e durante i mesi più duri della pandemia estende le sue attività a vere e proprie forme di mutualismo per stare vicina ai bisogni concreti degli abitanti del territorio di Napoli Est
A cura di Margherita Grazioli – ricercatrice post- doc nell’area di Scienze Sociali del Gran Sasso Science Insitute
Il 2 giugno di quest’anno ho incontrato e intervistato Anna Riccardi, presidente della Fondazione Famiglia di Maria di Napoli (http://www.famigliadimaria.it/). In quel periodo di chiusura dell’anno scolastico 2020/2021 si era ancora nel vivo della continua alternanza tra Didattica a Distanza e in presenza. Nel frattempo, a livello sociale e istituzionale si stava prendendo coscienza delle conseguenze della sindemia in termini di allargamento delle disuguaglianze e della creazione di nuove povertà socioeconomiche, energetiche ed educative.
La Fondazione svolge le proprie attività in un vecchio orfanotrofio ottocentesco, oggi divenuto un centro polifunzionale per minori, al confine con i quartieri Barra e San Giovanni Teduccio, nella sesta municipalità di Napoli. In tempi ‘ordinari’, la Fondazione svolgeva due attività principali: il supporto educativo a bambine e bambini selezionati dalle graduatorie del servizio sociale comunale; un’iniziativa educativa rivolta al territorio in cui le famiglie iscrivono autonomamente i propri figli per partecipare all’offerta formativa fondata principalmente su attività territoriali.
Uno degli elementi emersi con maggiore forza è come la Fondazione, dall’inizio della pandemia, abbia usato il proprio ruolo ‘istituzionale’ per incanalarsi dentro attività mutualistiche vere e proprie, volte a evitare che le già profonde disuguaglianze che segnano la vita dei ragazzi, delle ragazze e delle famiglie che frequentano la Fondazione si aggravassero ulteriormente.
Anche durante la fase del lockdown, la Fondazione si è avvantaggiata degli spazi aperti curati nel tempo riuscendo a non chiudere e a mantenere le proprie attività pregresse e garantendone di nuove. L’obiettivo principale, sottolinea Riccardi, era evitare di fare mancare un fondamentale supporto educativo, psicologico e anche alimentare agli oltre 120 bambine e bambini seguiti dalla Fondazione perché, come sottolineato dalla Presidente stessa, alzare moltissimo il livello è stata una necessità per «mantenere i punti di riferimento che, anche per gli adulti, erano saltati».
La Fondazione ha permesso le aperture su base volontaria per mettere a disposizione la connessione a chi doveva seguire la DAD; ha continuato a erogare su tre turni i pasti ai ragazzi e alle ragazze, mantenendo così continuità alimentare per chi viveva in famiglie che, durante il lockdown, avevano esperito una vera e propria impossibilità di mettere insieme il pranzo con la cena avendo perso in molti casi impieghi che già erano informali, estemporanei e precari. La Fondazione ha inoltre fornito autonomamente mascherine FFP2 alle educatrici e agli educatori, e una mascherina chirurgica nuova a ogni bambino e bambina che partecipava alle attività. Infine, la Fondazione ha garantito il cosiddetto “tampone solidale gratis” da novembre 2020 a marzo 2021 per i lavoratori, le famiglie e i bambini.
Nel corso di questa estate, la Fondazione ha poi attuato la propria transizione ecologica dal basso, realizzando in cooperazione con Legambiente e la Fondazione con Il Sud un progetto pilota per realizzare quella che Anna Riccardi ha definito come la «prima comunità energetica solidale del territorio, dove abbiamo coniugato il binomio giustizia sociale e ambientale» attraverso l’installazione di pannelli solari sul tetto della Fondazione. Questo, sottolinea la Presidente nel corso dell’intervista, significa conciliare la soluzione al carovita energetico con la formazione di una sensibilità ecologica intergenerazionale che, in tal modo, non rappresenta un virtuoso appannaggio di chi non ha problematiche socioeconomiche di altra natura, ma un modo di «entrare in scia con il vero cambiamento e il percorso delle nuove generazioni».